Il mondo moderno è, socialmente, cognitivamente, percettivamente, privo di quel tipo di ordine elevato che è necessario per generare una forma similarmente organizzata nelle menti degli artisti? Oppure l’ordine del nostro mondo è tanto nocivo da impedire all’artista di rispondervi? …oggi ancor più io credo che il ritorno ad un ordine essenziale, a una armonia, sia necessario per salvare il mondo da una confusione senza limiti.
(Rudolf Arnheim, Entropia e arte, saggio sul disordine e l’ordine, 1971)
Di fronte al mondo e alla natura si apre la possibilità per l’uomo di pensare veramente, ma solo comprendendo una pianta potremo intenderli. Da queste considerazioni Emanuele Coccia individua, in un testo recente, l’esigenza di chiedere alle piante che cos’è il mondo, perché sono loro a fare il mondo nel trasformare materia, aria e luce nello spazio necessario a tutti i corpi viventi. L’idea quindi di una dimensione unitaria, omogenea e fluida, aperta alla più radicale mescolanza, quasi una sorta di laboratorio alchemico, avviata alla trasmutazione circolare e continua dall’organico all’inorganico. Prospettive dischiuse, quindi, nella forma del Pharmakon, al tema della vita e delle molteplici strategie utili all’equilibrio necessario alla salute, al benessere psicofisico ed alle sfere relazionali, nel ricorso a tutto quanto può dare sollievo.
Tuttavia, sia che provengano dal mondo naturale oppure da un risultato di sintesi, la forzatura e l’impedimento della malattia nel suo percorso sono pur sempre una interferenza nell’ordine delle cose: l’avvio di un processo innaturale destinato a produrre imprevedibili mutamenti, nel corpo sensibile e nella mente, disarticolando la condizione di quiete e consolidando l’inquietudine e le tensioni che le subentrano.
Comprese in questa complessità le opere d’arte visiva di Beppe Villa – sospese tra letteratura, poesia e scienze nella ricerca ininterrotta di motivazioni e conferme – testimoniano della sostanziale percezione che l’Autore ha delle discordanze sottese alla nozione di Pharmakon e, soprattutto, dell’ambivalenza che lo caratterizza ad ogni condizione di crisi, nel rappresentare parallelamente i temi del ‘pericolo’ e della speculare ‘opportunità’.
Per questo Beppe Villa, tra materiali e forme simboliche, pare orientarsi nello smarrimento che provoca l’idea che il caos non sia puro disordine, ma piuttosto un sistema che, seppur sfuggente ad ogni controllo, abbia leggi che ne governano l’imprevedibilità e le manifestazioni ‘misteriose’. Le produzioni, l’esperienza e via via l’intero piano espositivo assumono quindi un significato esistenziale mai risolto in un ripiegamento, ma in una pratica meditativa rivolta alla conoscenza del mondo oltre che di sé, più affine, nella continua indagine dei limiti, al socratico “Conosci te stesso”.
“Perché esporre un’opera d’arte?” chiedeva Ananda Kentish Coomaraswamy escludendo poi che l’arte significativa coincida con l’appagamento della vanità dell’artista, ma che piuttosto debba trovare compimento nella rappresentazione simbolica di aspetti immateriali e di realtà non visibili, sino farsi paradigma e modello edificante utile a sostenere la narrazione, quasi il monito, di una realtà privata dell’intuizione, della sensibilità, dell’immaginazione.
PHARMAKON Opere di Beppe Villa
un progetto tra arte, scienza e psichiatria
a cura di Giovanni Nicolini
Promosso da Flag No Flags Contemporary Art in collaborazione con Spazio Gerra e ICS – Innovazione Cultura Società ETS con il contributo del Comune di Reggio Emilia/Bando Cultura 2023 e Farmacie Comunali Riunite e il patrocinio dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Spazio Marco Gerra/Reggio Emilia dal 10 al 30 settembre 2023
Fotografie di Kai-Uwe Schulte-Bunert