Camille Claudel; August Rodin, l’amante; i Claudel, la famiglia. Nel cuore di un triangolo che ha nei vertici lei, lui e loro si trova la convergenza tra arte, passione e vita. Sì, perché quando ci avviciniamo alle opere di questa straordinaria artista non possiamo restare indifferenti, le sculture echeggiano ancora della sua vitalità interiore.
Allieva di uno dei massimi scultori dell’Ottocento francese ed europeo, Camille (1864 – 1943) osa posare come modella, ha l’audacia di dedicarsi ad un mezzo artistico inusuale, ha la spregiudicatezza di innamorarsi di un uomo molto più grande di lei, ha la forza di distanziarsi dal conformismo borghese.
È bella, nubile, vivace e intellettualmente stimolante, grazie alla relazione con Rodin inizia a frequentare i salotti più in voga; è un’artista. Per la mentalità di quel tempo, uno scandalo vivente.
Un certificato medico, stilato secondo le norme del 1838, autorizza l’internamento forzato nel manicomio di Montdevergues, condannando Camille all’oblio per almeno tre quarti di secolo. Aveva quarantotto anni.
A sedici anni la sua vocazione artistica la porta a Parigi. Sceglie il più maschile di tutti i mezzi espressivi per possedere e plasmare la creta, per soddisfare il suo bisogno di toccare. Il suo genio si esprime fin dall’inizio imparando a modellare profili, mani e piedi. Nei primi ritratti si rileva già la volontà di tradurre la personalità dell’individuo rappresentato ponendo attenzione alla forma, all’espressione e alla mobilità dei tratti.
L’arte di Camille Claudel, fin dall’inizio, si impone per quelle caratteristiche che le sono proprie. Essa è meravigliosamente percorsa dalla fantasia più intensa e primordiale, che costituisce in sé il dono vero e proprio dell’invenzione. (Claude Claudel)
L’impulso creativo che la anima profondamente si esprime in una serie di gruppi scultorei tra i quali Sakuntala (1888), L’abandon (1905) e La Valse (1905). Il genio creativo si concentra nella restituzione plastica di uno stato d’animo non sempre definibile, di un attimo di angoscia o di gioia travolgente. Camille cura la forma, scava in potenza, plasma con leggerezza, imprime della sua tensione interiore ogni figura. Nessun materiale le pone resistenza anche quando decide di praticare il taglio diretto nel marmo. Le linee plastiche sono sinuose, armoniose, in movimento, addirittura sinestetiche se pensiamo a La Vague.
Quando nel 1902 presta il suo ritratto al volto della di Medusa in Persée et la Gorgone, Camille materializza la sua separazione da Rodin e anche il dramma dell’essere umano. A questa scultura affida la vana illusione di un amore eterno. Al volto della Gorgone il dolore e l’inquietudine di chi immerso nei suoi sogni non trova pace. Ora non si sente più bella, attraente e amata. La distanza da Rodin e dalla sua famiglia è sempre più incolmabile. Ora si può solo fermare il tempo per un attimo, pietrificandolo, vincere la morte e tornare alle sorgenti senza tempo della vita.
Mostra: Camille Claudel. Anatomie della vita interiore, Palazzo Magnani 14 giugno – 31 agosto 2003
Palazzo Magnani realizzò nel 2003 la mostra antologica grazie alla collaborazione e generosità dei prestiti di Reine-Marie Paris. Dal 2017 tale collezione è oggi esposta a Nogent-sur-Seine nel Museé Camille Claudel.